In un sudicio, pudico quartiere di Lassm fé, a sette passi da Varsavia (BA), viveva una
delle tante famiglie povere americane emigrate in cerca di fortuna. Che in cerca di fortuna; che
in cerca ... di fortuna!!! Passava le sue giornate nel salone il figlio maschio Luchetto, che gli
amici per ingiuriarlo lo chiamavano Luca. Clementina, la sorella più piccola di nome
ma non di fatto, faceva la raccattapalle ufficiale della squadra locale di un torneo a 16 squadre
annullato per spaccio di droga. Entrambi i genitori erano vedovi. Era veramente una vita piena
di incertezze, come quando passa un treno e c'è sciopero il giorno dopo.
Ma ogni tanto
la vita a quei due ci sorrideva: Clementina si era innamorata di due marinai ancora in corsa per
il grande Slem, mentre Luchetto si era ingrippato di una fuggiasca matrona troade, cecata per
4/3 all'occhio sinistro, spilata e con i denti scozzicati nelle gengive: ma era piacente.
Era
bastato uno sguizzo dell'occhio per farli innamorare: in una notte di pleliluvio, come la leggenda racconta, si erano dati un bacio con la lingua e lui, timido, era diventato subito rosso,
come se scendesse le scale al buio e poi all'improvviso, s'accendessero le luci ad una festa di
compleanno di 18 anni.
Ma un giorno la mamma di Settimia, Ottavia, ci disse a quel muscitone
ippocrita di Luchetto che doveva lasciare stare la sua unica figlia e ci fece capire tante cose. Fu
così che Luchetto si fece la cascia: meditò per intere giornate ed, alla fine,
decise di andare a pesca di sagaci e caporioni d'acqua dolce. Ma mentre pescava, fu colpito dal
mormo del ratto: decise subito di togliersi la vita.
Purtroppo fu affortunato perché
Settimia, preoccupata della sua scomparsa, ci aveva detto a suo fratello Quintino: "Trovilo!!".
Infatti egli arrivò proprio in tempo per toglierci a Luchetto il cappio al collo e dirci se
voleva andare ad un matrimonio per sposare sua sorella. Ci rispose nisba ("sì" in
dialetto polacco).
Quella fu una coppia veramente felice: bastava soltanto il suo respiro per
renderlo felice; e non me ne vogliano gli altri, se ogni volta la luna la chiamerei Dominga...
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