Aveva scurisciuto anche quel giorno sulla casa del buon fattore: un'aria tronfila fillibrava tra i vecchi tronchi degli alfani, dei rigogliosi zibrulli e dei profumati zumbafusa. Sciami di apozoi e
ucacille rompevano il silenzio sulla terra pappazzuta di notturni iallò.
Ad un angolo della fattoria putrivano enormi mazumba selvatici mentre, vicino loro, si sentiva
sghioppare una vera e propria mandria di chavalos (ciavalos).
Per quanto riguarda per l'agricottura, il buon fattore coltivava le pomodore e grandi quantità di
citroni.
Egli, inoltre, aveva anche un nipotino di nome Geppetto.
Geppetto era un bambino molto discolo e giocava pure a flipper.
Quella sera il nonno, dopo che ci disse di stare attenzione, lo mandò a gettare fuori la mondizia: Geppetto contò fino a nove e andò.
Era buio presto: il bimbo corse fuori e lasciò il malloppo, ma dal l'entroterra gli arrivò una voce;
quasi quasi che non ci credete era il lupo cafone: zogmato fino al collo, molto giovane, con
denti buzzivuzzi, aveva da poco impelato.
Geppetto tremava; il lupo, affamato, ci fece tante domande: come si chiamava, in che via
abitava, di che segno era, il cantante preferito ed il bimbo rispondeva.
Ma proprio quando il lupo cafone aveva deciso di mangiarselo, ci chiese a Geppetto: -Scusimi,
piccolo, quanti anni hai?- E quello ci rispose: - No, siccome sono braaasiliano...-
A quel punto, il lupo sconcertato, capì tutto e rinunciò al suo pasto.
Geppetto ritornò a casa ridendo e ziffellando come mai aveva fatto, mentre il povero lupo
cafone, per quella sera, si nutrì delle solite macurizie di bosco.
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